Nel 2005 la Giuseppe Monti Costruzioni s.r.l. acquistava un complesso immobiliare in Palermo via Messina Marine (facente parte un tempo della ex Vetreria Caruso), ricadente nel piano regolatore in zona B2 classificata “netto storico”, del quale faceva parte un edificio quasi del tutto diruto, originariamente costituito da tre elevazioni, in relazione al quale i Vigili del fuoco emettevano nel gennaio 2006 ordine di immediata demolizione e messa in sicurezza.
L’impresa presentava al Comune di Palermo istanza di concessione edilizia e progetto di demolizione e ricostruzione su cui si formava il silenzio accoglimento. Presentava altresì richiesta di nulla osta alla Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali sulla quale pure si formava il silenzio accoglimento. La Soprintendenza nel marzo 2007 si pronunziava tardivamente con un diniego di nulla osta che veniva impugnato ed annullato con sentenza del TAR Sicilia, Palermo dell’agosto 2007.
Dopo tale sentenza, sulla base di una perizia giurata circa la conformità delle opere progettate alla prescrizioni urbanistiche ed edilizie (come è prescritto dalla norma regionale sul silenzio assenso), l’impresa dava inizio ai lavori. Quando aveva realizzato la struttura del piano cantinato e la soprastante soletta, spendendo poco meno di cinquecentomila euro, il Comune, nel 2009, assumendo che lo strumento urbanistico consentirebbe nel “netto storico” soltanto la ristrutturazione e non anche la demolizione e ricostruzione, emetteva provvedimento di annullamento d’ufficio della concessione edilizia tacita, prontamente impugnato davanti al Tar Sicilia, e nel 2013 emetteva ingiunzione alla demolizione, anch’essa impugnato con motivi aggiunti.
Il TAR, dopo avere fatto eseguire una verificazione da un tecnico dell’Assessorato regionale Territorio ed Ambiente, che si è protratta per oltre un anno, ha accolto il ricorso ed i motivi aggiunti avendo ritenuto l’annullamento della concessione edilizia privo di un riferimento anche minimo all’interesse pubblico all’annullamento, in violazione di una precisa disposizione dettata dalla legge n. 241 del 1990, e riconoscendo altresì che, diversamente da quanto sostenuto dal Comune, nel “netto storico” allorché lo stato di degrado è tale da non consentire altri interventi, è ammessa la demolizione e ricostruzione.