Con sentenza del 4 giugno 2018, n. 333 il Consiglio di Giustizia amministrativa ha respinto l’appello della Prefettura di Palermo avverso la sentenza del TAR Sicilia che annullava l’informativa antimafia interdittiva emanata nei confronti di una impresa attiva nel commercio di materiale edile e di trasporto conto terzi (assistita dagli avv.ti Salvatore e Luigi Raimondi).
In particolare, l’interdittiva era imperniata: a) sulla assunzione da parte della ditta appellata del cognato dei titolari, condannato in sede penale per violazione delle norme in materia di stupefacenti; b) su taluni incontri dei titolari con soggetti asseritamente “controindicati”.
Al riguardo il Consiglio osserva che: a) l’assunzione del cognato nell’impresa “è avvenuta sulla base di provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria e finalizzati al suo reinserimento sociale in ossequio alla funzione rieducativa della pena criminale prevista dall’art. 27 Cost. Appare dunque contraddittorio il complessivo comportamento dello Stato che, in veste dei suoi giudici, sollecita e acconsente al reinserimento sociale del condannato in una data impresa, e al tempo stesso, in veste dei suoi prefetti, ritiene che il soggetto da reinserire”; b) “quanto all’ulteriore elemento di asserite frequentazioni sospette da parte del titolare dell’impresa e intrattenute nei locali dell’impresa, si tratta di elemento che è da solo inidoneo a sorreggere il provvedimento, atteso che il titolare dell’impresa è incensurato, che non vi è allo stato la prova del carattere continuativo e non saltuario di tali incontri, che gli incontri nei locali dell’impresa possono, fino a prova del contrario, avere la spiegazione alternativa lecita di ordinarie relazioni commerciali”.